Presentando la mia raccolta di versi "Sotto il cielo di Monteparano" in vernacolo monteparanese, ho constatato, con piacere, tanti riscontri positivi ad ogni livello, aldilà delle mie stesse ragionevoli aspettative. Sono rimasto davvero sorpreso della favorevole accoglienza che l’opera ha avuto. Ciò dimostra che Monteparano ha fame di quelle conoscenze, possibilmente anche artistiche, che caratterizzano la nostra Comunità. 

Questa è oggettivamente piccola, per cui non dispone di grandi mezzi materiali, ma noi monteparanesi disponiamo di quel patrimonio invidiabile che è la “creatività”, che può (senza obbligo) alimentarsi della linfa del passato, succhiando dalle nostre radici quella “pappa reale” che è la “nostra storia”, che ci rende unici ed irripetibili: monteparanesi doc.

Mi piace spesso riportare l’immagine gentiliana di un albero maestoso, la cui rigogliosità dipende dalle radici: tanto più svetta la sua chioma verso il cielo, quanto più le radici sono profonde. D'altronde, nascendo siamo entrati nella storia, abbiamo ereditato quella parte di vissuto d’altri che ci hanno generato; a noi monteparanesi del Terzo Millennio è affidata la memoria storica dei nostri padri, di quegli avi che scelsero di insediarsi su quest’altura, coltivandone la terra e tramandandoci i loro valori. Ora è nostro compito condividere, adeguare, modificare, comunque arricchire, quel bagaglio di usi e costumi che ci appartiene per diritto storico.

L’incontro dell’autore con i ragazzi della scuola di Monteparano, allargato agli stessi di Roccaforzata, è stato un vero successo di partecipazione attenta ed entusiasta. Così che quando si è aperto il dibattito, dando la parola ai ragazzi per l’intervista all’autore, le domande sono arrivate abbondanti e disparate, come l’acqua di un temporale estivo. Ho provato a ricordarle tutte, ma mi sono fermato solo a ventotto quesiti, su un numero molto più consistente di interventi. Qui di seguito cerco di dare risposte alla sostanza di alcune domande, formulate con parole diverse.

Perché un libro in dialetto monteparanese? "Ci sono momenti della storia in cui s’avverte il sapore della conquista, assecondato dalla nobiltà del tempo, che magicamente realizza quei sogni individuali e collettivi, gli stessi che finiscono col caratterizzare sempre più una Comunità. Tante volte ho sognato di realizzare qualcosa di culturalmente significativo, capace di rinverdire i fasti paesani ed onorare la memoria dei nostri antenati, che hanno reso grande questa Comunità. Questa scelta mi è sembrata una risposta adeguata e necessaria, dal momento che era un tassello vuoto nella Nostra Storia. Tengo a precisare, comunque, che personalmente non scrivo su commissione, ma seguo quel sottile istinto individuale che sottende i desideri artistici".

Non ci sono altri modi per onorare il proprio paese? "Ho visto paesi che vanno giustamente fieri dei loro monumenti artistici ed architettonici; altri che si realizzano nel campo della modernità; chi, invece, crede di potersi caratterizzare per la ricerca tecnologica e chi nel far rivivere antichi sogni. Oggettivamente non credo che Monteparano sia nella condizione di far rivivere fasti architettonici o artistici di cui la Storia non ci ha reso ricchi; né penso che possa imporsi all’attenzione delle altre comunità con specificità tecnologiche o modernità generiche. Ma non posso fare a meno di pensare che anche a noi, “pellegrini nel tempo”, sia possibile lasciare un’orma nella storia con la creatività artistica che richiede pochi mezzi economici, ma tanta, proprio tantissima capacità inventiva. Ecco le ragioni della poesia. D’altronde non credo che ci sia chi abbia il MONOPOLIO o la ricetta magica per realizzare ciò che serve a Monteparano; siamo tutti stimolati a dare il nostro contributo producendo al meglio ciò di cui siamo personalmente capaci, in qualsiasi campo, tutti degnamente rispettabili".

Tu credi veramente che la poesia sia capace di far rivivere i valori del nostro passato? "L’arte cerca di esprimere vissuti inconsci depositati nel profondo di ognuno di noi. L’opera, quindi, si presenta come la pizzicata di una corda di chitarra capace di risvegliare i ricordi, richiamando più nitidamente in vita ciò che è confuso nella memoria. Da quel momento il passato abbandona la sua staticità cronologica, apparentemente inalterabile, per rivivere in immagini e figure che solo la fantasia poetica può ricreare, evidenziando quegli antichi valori condivisi la cui assenza, come il sole d’inverno, si avverte quando manca. Ed il presente diviene l’essenza dei sogni, la realizzazione dell’immaginario collettivo; anche il futuro si accorcia per vivere nel reale come una contemporaneità senza tempo".

Qual’è, dunque, a tuo parere, la funzione del poeta in quest’opera? "Il poeta, l’artista che ricrea il mondo, lo scompone e ricompone a proprio piacimento, ha riproposto luoghi, uomini, sentimenti che fanno parte del vissuto proprio o collettivo, proponendo immagini filtrate dall’emozione personale, fissate nella lingua madre: il vernacolo monteparanese. E la grandezza dell’opera si coglie nel binomio ben riuscito di contenuto e forma, una sintesi che si eleva sulla materia informe per plasmare la stessa, dandole respiro universale e connotazione riconosciuta, apprezzata, imitata. Quest’opera sembra combinare le due anime dell’autore: “homo faber” e contemporaneamente “sapiens”, capace, cioè, di realizzare quella scintilla di soprannaturale che ci permette, seppure in modo imperfetto, di imitare la libera creatività divina".

Perché hai presentato il tuo libro prima agli adulti e poi ai ragazzi di età scolare? "Un mittente, che ovviamente conosce la semantica del proprio messaggio, cura che la scelta del destinatario non sia casuale, ma in funzione del comune codice interpretativo; perciò ho ritenuto opportuno declamare composizioni diverse in ragione della omogeneità del pubblico.


A cosa è dovuta l’attenzione e l’educato silenzio con cui i ragazzi hanno ascoltato le poesie dialettali? "Troppo spesso, a mio parere, si parla per luoghi comuni, dall’alto della nostra maggiore età dispensiamo facili giudizi negativi che non hanno riscontro nella realtà. Ecco che ci prende la meraviglia a vedere tanti ragazzi attenti e partecipi a fatti culturali in cui SOLO NOI ADULTI NON CREDIAMO. Eppure, a rifletterci, noi siamo i loro EDUCATORI. Vuoi vedere che si sono capovolti i ruoli? I ragazzi di oggi sono i ragazzi di sempre, i cuccioli dell’uomo con tanta voglia di conoscere, capire, imparare, specialmente quando gli argomenti li toccano da vicino, trattando quel mondo che appartiene particolarmente ai loro nonni tanto amati dai nipoti; né può meravigliare se qualche volta la loro partecipazione si esprime in modo un tantino “effervescente”. Vanno comunque lodati i loro insegnanti, troppe volte dimenticati, per aver preparato l’incontro con entusiasmo e professionalità, facendo vivere ai ragazzi il piacere dell’attesa".

A sentirti parlare di tale evento mi sembri entusiasta; ma è sincero questo tuo stato d’animo? La sincerità mi è connaturata, anche quando mi costa il raffreddamento di rapporti amicali. E’ vero, sono entusiasta per il modo in cui è stata accolta questa mia opera. Ti aggiungo di essermi commosso quando la parola è stata data ai ragazzi. La genuinità e spontaneità, senza trascurare la qualità e quantità, delle loro domande mi ha particolarmente toccato. La loro attenzione non è quasi mai calata, neppure quando ho declamato la lunga composizione del San Giuseppe.

Hai parlato di silenzio educato evidenziando la cura e preparazione degli insegnanti, non lo davi per scontato? "Certamente! Ma quando evidenzio quest’aspetto mi riferisco a quel rapporto privilegiato di empatia che ho notato tra i ragazzi ed i loro insegnanti; come posso tacere il caso di quell’insegnante impegnata a tradurre quasi in simultanea alcuni termini poco chiari per i suoi giovani allievi? La stessa “cascata di interventi” evidenziava una preparazione già ben curata in classe.


La professoressa Enza Musardo ha parlato del dialetto come della nostra lingua madre, non crede che questo messaggio possa creare confusione tra studenti che si esercitano nell’apprendimento e perfezionamento dell’Italiano? "Assolutamente no! Infatti, se consideriamo le radici stesse della nostra lingua nazionale, ci convinciamo che le tante lingue madri spesso hanno contribuito in modo determinante alla nascita ed evoluzione della lingua italiana, senza per questo essere cancellate, ma sono coesistite per secoli, ben sapendo che una lingua non è solo un esercizio fonico o scritto, ma porta con sé valori e vissuti impressi in modo permanente nello strumento linguistico, oserei dire ch’essa è la sedimentazione relazionale del vissuto di una comunità, in questo caso di Monteparano e di molti altri centri del versante orientale della provincia di Taranto.