Bella , la piazza del mio paese, fissata e codificata nella memoria come luogo simbolo di un'epoca che non c'è più, ma non per questo meno vera e significativa proprio come il primo amore che non si scorda mai…e più mi sforzo di evocare riandando con la memoria a quei tempi e a quell'ambiente più esso mi appare ricco di una umanità di vita, oggi quasi del tutto perduta.

Era quella una piazza caratterizzata da una Chiesa , al cui lato c'era il municipio con sottostante ambulatorio comunale, ed un campanile , che attraverso i rintocchi di consumate campane scandiva la vita dell'intero paese, di fronte il Castello D’Ayala Valva.

La piazza della mia adolescenza aveva tre bar (Bar Jolly di "Liquori", il bar di Gaetano di "Patone" e quello di "Mestru Rafele" Cazzato ) dove si discuteva di tutto attorno a dei tavolini di metallo che ogni anno lasciavano i gommini dentro l'asfalto sempre più molliccio sotto il torrido sole d'estate; e dove le tifoserie delle variopinte squadre di calcio si confrontavano in accanite discussioni sull'ultimo rigore negato o concesso dall'arbitro. In piazza ci si dava appuntamento, prima con le biciclette poi con i motorini per mettere a fuoco le strategie serali o domenicali al fine di "cuccare" o perlomeno di far colpo sulle ragazze più simpatiche e carine, ma il più delle volte ci si ritrovava dopo l'ennesimo tentativo andato a vuoto, a raccontarci più le fantasie che avevamo in testa piuttosto che le storie sentimentali realmente vissute.

Era una piazza che aveva un sagrato dove accanto c’era il municipio con un piccolo canale e dietro il municipio parcheggiato “lu travino” di Occhinegro dove nelle serate dei mesi estivi sistematicamente veniva spostato . I ragazzi si sedevano sui gradini condividendo le poche sigarette, mentre i più audaci (o più contapalle) raccontavano l'ultima (dis)avventura sentimentale o sportiva, alla fioca luce di attempati lampioni. In quella piazza, quei ragazzi che si aprivano un po' spavaldi ed un po' impauriti alle prime prove della vita si sentivano come se fossero ai Fori Imperiali di Roma antica: il mondo ed il futuro stavano davanti a loro come una splendida trama tutta da vivere e da scrivere. 

Il sagrato poi raccoglieva al termine di ogni funzione religiosa le pie dame e gli uomini probi per l'inevitabile gossip settimanale, era quello un sagrato dove la banda si schierava impettita durante le feste patronali prima che la processione s'infilasse nel tempio parrocchiale per ricevere la solenne benedizione finale. Gli anziani inoltre, ricordano e raccontano di altre "laiche processioni"del passato: al tempo del ventennio fascista in piazza difatti, sfilavano "i Balilla, gli Avanguardisti e le Giovani italiane" nelle periodiche adunanze a cui un po' tutti erano precettati; ma subito dopo la Liberazione la stessa piazza divenne teatro di appassionati e incandescenti comizi che segnavano in maniera inequivocabile il ritorno della democrazia e del dibattito politico nel nostro Paese.

Era quella una piazza dove facevano bella mostra di sé i manifesti dei film in programmazione al cinema Aurora e al cinema Impero, da cui s'intuivano le trame cinematografiche che di domenica in domenica arricchivano i sogni dei ragazzi e delle fanciulle in fiore e mentre queste ultime uscivano in colonne ordinate verso l'asilo delle suore con sguardi furtivi ammiccavano con maliziosa complicità ai divi degli anni più belli di una gioventù ancora acerba, ma più che mai desiderosa di proiettarsi verso l'amore e la vita.

In quella piazza d'estate si gustavano le “nucedde” “spassastiempi” “lupini” e tanta birra fresca su parallelepipedi di ghiaccio lunghi almeno un metro in dei grossi contenitori di metallo e disposte in file ordinate su dei tavolini sistemati in piazza durante le feste patronali davanti alla cassa armonica ascoltando i tenori e soprani delle opere liriche bandistiche. In autunno invece era il profumo delle caldarroste e dei mandarini ad impregnare l'aria della piazza, al calare delle prime ombre della sera fascine di rovi e di legna stagionata venivano accesi per fare la carbonella, in un braciere artigianale che di suo contribuiva a dare colore e consistenza alle castagne ottobrine, e mentre il fumo si dissolveva in vaporose nuvole azzurre restava l'aroma dei frantoi della zona. Nelle fredde serate invernali, un urlo lancinante gridato a squarciagola scuoteva l'aria: si giocava a “ciciro” la squadra di ragazzi che si trovava sotto si preparava a ricevere sul groppone la squadra rivale che prendendo la rincorsa si accavallava sulle schiene.

In quella piazza si piangevano i morti prima dell'ultimo viaggio verso il cimitero con Consorelle e confratelli della Congrega, e si gioiva accalcandosi per vedere l'ultima sposa, che usciva timida ed impacciata dalla Chiesa nell'abito bianco esibito come prova provata della conservata purezza, a braccetto del giovane sposo inamidato anch'egli nel vestito della festa destinato a durare a lungo nel tempo insieme alla cravatta troppo stretta, annodata per l'occasione dalle mani esperte dell'amico di sempre, già rodato dalla cerimonia matrimoniale per averla collaudata, magari solo qualche mese prima. In quella piazza ciclicamente comparivano le scritte inneggianti alla leva che in quell'anno sarebbe partita per il servizio militare e i coscritti d'annata inneggiavano alla loro classe di ferro, ovviamente più temprata e solida delle precedenti.

Avveniva così che nella piazza di un anonimo e sconosciuto paese di periferia “Monteparano” si rappresentasse il mondo intero con i suoi problemi e le sue sfide e spesso e volentieri succedeva che dopo la chiusura dei bar, le discussioni procedevano interminabili, lungo le ore della notte, fino all'arrivo di qualche papà a riprendersi il figlio perché ormai si era fatto tardi. Gran bella piazza quella, piena di storia e di ricordi, legati ad un tempo sedimentato nell'anima e nello spirito di chi lasciandosi plasmare dalla scuola di una piazza sempre affollata di amici e testimoni, ha imparato valori e stili di vita che ne hanno segnato per sempre l'esistenza, una piazza che ha regalato a chi l'ha vissuta il sapore della cronaca che si fa Storia ed il profumo della leggenda.