Tra tutti i Paesi europei l'Italia è quello che ha il maggior numero di dialetti. Naturalmente c'è una spiegazione storica di questo fenomeno. Il ritardo con cui il nostro Paese è giunto all'unificazione nazionale (solo nel 1861) ha consentito il proliferarsi e il consolidarsi di tante parlate locali, risultato dell'incontro nel tempo di tante culture e lingue diverse.

Per questo i dialetti italiani sono anche molto diversi tra loro: accanto ad un comune denominatore latino (conseguenza dell'unificazione della penisola realizzata da Roma duemila anni fa), c'è una grande varietà di linguaggi , derivanti da quasi mille anni di invasioni straniere diverse nelle varie zone della penisola.

Ecco perché, nel 1861, i piemontesi che unificarono il nostro Paese non comprendevano le lingue meridionali, con i quali avevano in comune solo una parte minima del vocabolario. Nello stesso tempo, lo stesso Re d'Italia, Vittorio Emanuele II, parlava stentatamente la lingua italiana e si esprimeva più spesso in dialetto piemontese. D'altra parte fu proprio una lingua regionale, la lingua "toscana", che fu elevato al rango di lingua nazionale, dal momento che il latino, a cui storicamente sarebbe spettato questo compito, era ormai una lingua "morta", non più utilizzata nella vita quotidiana. Le altre lingue locali, da quel momento, furono declassate a "dialetti".
I vari dialetti italiani non sono quindi delle "sottolingue" della lingua italiana, o la lingua degli "incolti" che non conoscono la lingua italiana, ma sono dei linguaggi "autonomi", con legami consolidati con la lingua nazionale (il dialetto toscano), per la comune origine latina. Il dialetto è, quindi, a buon diritto una lingua neolatina, nata dall'evoluzione del latino parlato; non è, invece, un linguaggio inferiore o rozzo di cui vergognarsi, né una deformazione della lingua italiana. Quello che sembra un linguaggio sgrammaticato, in realtà ha una sua struttura grammaticale organica, una sua sintassi, un suo lessico e regole non meno rigorose e precise dell'italiano o di qualsiasi altra lingua. Cogliere questo spirito del dialetto significa imparare ad amare il nostro linguaggio ed esserne orgogliosi.

A dimostrazione che il dialetto è una lingua autonoma, riportiamo alcuni termini dialettali locali che derivano direttamente dalla lingua latina e che non esistono nella lingua italiana:

Dialetto Italiano Origine
Cirasa ciliegia lat. ceresia
Acriestu selvatico lat. agrestis
Calapricu pero selvatico lat. calabrix
Ccòmmiri appoggiare, posarsi per dormire lat. accumbere
Cìgghiu pungiglione di ape o vespa lat. cilium
Crè domani lat. cras
Ddiscitari svegliare lat. excitare
Farnaru setaccio lat. cribrum farinarium
Frati fratello lat. frater
Intra dentro lat. intro ad
Lampascioni cipolla selvatica, lat. lampadio-onis
Llucèsciri albeggiare, fare giorno lat. allucescere
Nzurari sposarsi lat. inuxorare
Scanari impastare la pasta per il pane lat. explanare
Sciotta brodaglia lat: jotta
Sori sorella lat: soror
Sputacchia sputo lat: sputaculum
Sroca suocera lat: socra
Strafucari soffocare, mangiare avidamente lat: extra offocare
Tiestu tegame di creta lat: testus
Trasè entrare lat: transire
Piscrai dopodomani lat. bis cras
Poppitu abitante del retroterra leccese lat. post oppidum

 

Il nostro dialetto, comunque, conserva anche il ricordo delle dominazioni francese e spagnola, che a partire dalla fine del 1200 si insediarono in Italia meridionale. Ecco alcuni esempi:

Dialetto Italiano Origine
poscia tasca fr. poche
buatta scatola di latta fr. boîte
uertu giardino, orto sp. huertas